Paesaggi dell’anima in “Tessiture spaziali” di Titti Follieri

di Elda Torres

  Un libro di poesia che sin dal titolo determina il tema, o meglio i temi. Tessiture è dire intreccio, legami, ordito, trama. Spaziali equivale a mescolanze, relazioni tra luoghi diversi, non solo in senso geografico ma anche filosofico. Come dice Giuseppe Cognetti nelle pagine introduttive il sottofondo evocato nel titolo è il dialogo, tra parti di noi, con l’altro, tra culture diverse. Il dialogo: unico strumento che permette una comprensione di noi stessi e dell’altro. Ma l’altro siamo noi. Dunque dialogo interiore innanzi tutto. Poi arriva lo scambio.

La cultura umana è nata dal girovagare, in cerca di qualcosa che non si conosce ancora. È sete di “canoscenza” per dirla con le parole di Dante. La poesia di Titti Follieri ha a mio parere anche questo proposito.

La prima sezione: Il pianeta dell’amicizia in sedici testi trasmette un silente compartecipare le proprie pene, un capire l’altro/a quasi senza parole. Coglie in pochi cenni la caduta della perdita, lo strazio del cuore, dell’umano come dell’animale, che soffre e gioisce al pari di noi. Testi che parlano dell’amicizia, intensa quanto l’amore, con immagini rapide ma sapide, lievi e profonde perché colgono l’essenza. Ma subito dopo in Periodo ipotetico ecco svelarsi la crepa, il limite che impedisce il darsi, l’altalena del darsi e ritrarsi, dimenarsi tra aperture e chiusure, proprie e dell’altro che ci fa da specchio.

C’è tanta assenza in questi versi, tanta melanconia per ciò che è stato e non è più. C’è quel patire che appartiene a ogni umano che sia ancora capace di sentire. Amicizia, amore, stessa radice, sentimenti simili. Corrispondenze che sono  alla base sia dell’amicizia e in parte anche dell’amore, che però è un ambito più complesso, meno univoco. Ce lo racconta la seconda sezione: La costellazione dell’amore. Titti Follieri ne dipana le fasi, dipinge i ritmi insiti nel gesto d’amore. Le corrispondenze diventano congiunzioni.

È un percorso attraverso le tante sfumature della passione che emerge in evidenza tramite piccoli segni, sguardi, emozioni, stati d’animo fuggevoli che si corrispondono e poi si fuggono. L’ambiente naturale con i suoi colori, le sue stagioni, le terre, gli alberi, le acque, il cielo non sono solo sfondo, ma elementi che si riverberano all’interno dell’animo, per analogia o per opposizione al sentimento, diventano spunto per meditare sulla bellezza, per prendere distanza dall’io, per guardare in alto, guardare dall’alto. Il percorso che ci narra poetando Titti Follieri ci porta a conoscere l’esistenza, quella di ciascuno con le proprie estasi e gioie, ma anche le paure, i limiti, le ferite, le pene, le perdite.

La nostalgia dell’essere Uno, desiderio della non separatezza. Il mito dell’ibrido uomo e insieme donna. Il mito di Platone si coniuga e fa eco nella teoria dello Yin e Yang. Nostalgia del padre e della madre che sono stati e non sono più, ormai ombre dell’Ade. Nostalgia amorosa della presenza che si concretizza nell’assenza, mentre si contempla il mare, le case, il mirto, i bimbi che strillano. L’esistenza è infatti vita e anche morte, scrive Titti Follieri:

La paura di perderci / nella luce che ci accoglierà dopo questa esistenza…   Osservare la Babele delle voci / che ci abitano/aspettando il silenzio. Sono pochi versi del testo A mio padre. E poco dopo in Emozioni in concerto troviamo: La consapevolezza di questa mortalità / ci attraversa la carne / tempio mandala di granelli di sabbia… 

La terza sezione ha titolo Erranze. Tra luoghi: dal freddo Canada alle isole del Mediterraneo, tra l’Occidente e l’Oriente e viceversa. Erranza tra amici lontani e poi ritrovati. Erranza dalla vita alla morte. Il destino dell’umano che cammina in un bosco che gli sopravvivrà, che vive in una casa che sarà anche dopo di lui. Erranza all’interno del proprio Sé come scandaglio e consapevolezza. Erranza dall’io al noi, in cerca del mito estatico dell’unità con l’altro e nell’altro. Erranza nella memoria che diventa nostalgia per il tempo andato, quello dell’infanzia, della giovinezza, per tutto quello che si è lasciato dietro. Ma la linea ideale è oltre tutto questo. Titti Follieri pone domande esistenziali sul senso della vita e della morte. Ma le domande restano senza risposta perché colgono il mistero del nostro essere transeunti. Indaga la ricerca di senso che ciascuno anela. Questioni sempre poste e mai risolte.

Nell’ultima sezione: Da Occidente a Oriente i testi evidenziano il diverso approccio filosofico che, rispetto all’Occidente, ha l’Oriente pur nelle sue diverse visioni di  pensiero/non pensiero. Si sottintende un atteggiamento sincretico perché c’è il Buddha e c’è Lao Tzu, c’è la danza Sufi, c’è quel grande maestro che è stato Osho, il quale non ha mai sposato una sola dottrina ma ha fatto lo sforzo di illustrare tutte le strade che i mistici e i pensatori di ogni tempo hanno offerto agli umani per liberarsi dalla sofferenza, da umani che avevano conosciuto quanto dolore il cuore e il corpo umano può produrre. Diceva Osho che le strade sono tante e ognuno deve cercare la propria. Non esiste una via buona per tutti. Era un grande invito alla tolleranza.

L’esperienza di sannyasin, la via dell’asceta errante che in India vive solo di elemosina, è la fonte cui si abbevera Titti Follieri nella fase finale del suo libro, che chiude con la celebrazione del potere liberatorio della danza, della gioia dell’attimo che colma di sé l’animo e il corpo. La danza che libera, che sprigiona energia, che ricongiunge.  In Saggezza del corpo si legge:

Spezzare le catene di un’identità  /costituita dall’io so io devo… Puoi andare al ritmo finché vuoi. / Il cuore batte forte / finalmente spazio per respirare / elastico vitale sensuale… prima era lo stagno del pensiero…

Sono versi che evidenziano come l’approccio occidentale sia concentrato sulla mente, sul pensiero che nella sua accezione negativa diventa rovello, un approccio dualistico che ha teso a dividere il corpo dalla mente, da quella che prima era chiamata anima, che avrebbe dovuto essere buona, mentre il corpo restava sempre cattivo. Ora le cose sembrerebbero essere cambiate dal punto di vista teorico, ma i danni del dualismo permangono mentre l’Oriente invece è da sempre permeato da una visione olistica.

Il libro chiude con una poesia dedicata ad Anna Maria Ortese, il cui titolo è Per Madre Terra.

In realtà una preghiera:

Perché Madre Terra sia rispettata / chiediamo pace e per sempre… 

Nello stesso tempo una rivendicazione: … Consapevoli di essere Guerriere di Pace / nella fiducia del diritto alla felicità per tutti…

Una visione del tutto condivisibile che chiamerei eutopica, difficilmente attuabile però, almeno a breve e medio termine, viste le tante urgenti problematiche sovrapposte che l’attualità ci pone. Ma chi è poeta nell’animo non può che permanere nell’indignazione verso il male e nella speranza che nel futuro un giorno una Pace universale possa davvero esistere. Certo prima che la consapevolezza riesca a pervenire nella mente di ognuno di noi miliardi di umani, se mai la nostra specie ci arriverà, potremmo essere intanto stati spazzati via dalla ananke del destino che ci siamo creati e dalla dike della Natura offesa.

(Titti Follieri, Tessiture spaziali, Morgana Edizioni, 2016. Alessandra Borsetti Venier, artista multimediale ed editrice della Morgana Edizioni è venuta a mancare il 10 gennaio 2020. Per chi fosse interessato al libro può contattare l’indirizzo mail dell’autrice: tittifollieri@gmail.com)

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