Nina Maroccolo: testi inediti

Fascinosi e reboanti, affilati e magnanimi… Gli inediti di Nina Maroccolo (Massa, 1966 – Roma, 2023), in cui spesso e felicemente m’imbatto, tengono fede al suo mirabolante estro diciamo così, poliedrico e sinestetico – tra risorgenze liriche, impennate narrative, schegge di romanzo, sinuose e allegoriche parabole oriental-buddiste, spesso anche testi accesi e cadenzati, aggressivi o dolcissimi, di canzoni da cantare: molto di più: da performare

  Oggi intanto – e poco dopo la chiusura dell’ultima sua mostra artistica nella Galleria TraLeVolte, nella romanissima Piazza San Giovanni in Laterano, mostra che ha presentare le inedite opere, neo-macerazioni de “Le Bianche Spose” – ci piace dare conto di due/tre proposte: una poesia, un poemetto un po’ monologo teatrale, e infine un jàtaka, cioè una parabola buddista, o se preferite, taoista…

   Ecco intanto “Il Cavaliere Azzurro”, smaccata e precisa rievocazione, echeggiamento del famoso movimento artistico d’avanguardia Der Blaue Reiter, che a Monaco, nel 1911, accomunò splendidi talenti come V. Kandinskij e F. Marc, ma anche E. L. Kirchner ed E. Heckel, P. Klee e K. Malevic, E. Nolde e O. Müller… In tutti loro, o quasi, vinse la tendenza a fare delle arti l’espressione, impennata e alchemica, della ribellione soggettiva alla realtà…

   “Margot”, è invece un importante corredo lirico del primo ottimo libro di Nina Maroccolo, Annelies Marie Frank (2004), sorta di continuazione immaginifica del Diario di Anna Frank, ma questa volta nella fatale prigionia di Bergen Belsen, dove lei e la sorella Margot morirono drammaticamente, poco prima della liberazione. Il personaggio di Peter, introdotto nello scritto di Nina, era un amico caro di Anna Frank già nel periodo del nefasto nascondiglio olandese, che Nina eleva ad una sorta di amico amoroso, di fidanzatino ideale…  

   A chiudere, se fosse mai possibile chiudere con queste raffinate e rapinose proposte, per l’appunto una parabola sapienziale, simbolica e allusiva, intitola “L’Antilope”, e facente parte di un massiccio, strepitoso incunabolo tuttora rimasto inedito, cioè “Nessun Te Stesso da amare”… Questi “jàtaka”, queste parabole sapienziali chiedono agli animali qui evocati di antropomorfizzare a perfezione i vizi e i caratteri degli uomini… La morale è una narrazione mitica ed avvolgente, simbolica ed etica al contempo, di grande forza espressiva e insieme rarefazione emotiva…

   In campo, in fervido, paradossale e acuminato dialogo, uno Struzzo, una Gru Coronata, e per l’appunto la povera Antilope, che finisce per sacrificarsi quasi in nome del bene universale, in funzione del drammatico ma usuale equilibrio delle faccende universali, sempre in provvida e irruenta alternanza tra Vita e Dolore.

   Una sintesi breve, lampeggiante, dello stile, del suo intimo e spalancato universo, insomma delle poetiche, ardimentose predilezioni di Nina.  (Plinio Perilli)

Plinio Perilli e Nina Maroccolo (Central Park, New York, luglio 2004)

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Il Cavaliere Azzurro

Provo pudore nell’affermare certe patrie di pensiero,

benché il riflesso d’una realtà eburnea svilisca

l’umano; o la natura circoscritta nel Tao della

Conoscenza, quando eluda una vera Consapevolezza.

*

Il suono è un’avventura adolescente narrata per commuovere

l’azzurro. Il cavaliere infervorato s’insella e abbraccia

la porcellana in galoppo. Ci porterà dove l’erba

della prima selva è premurosa. Tra le anime

radiose. Le farfalle giammai effimere.

                                                   Om Mani Padme Hum

*

Margot

“I nostri viaggi

fianco a fianco

e tu non c’eri

*

chiamo Dio

la mia consorte,

Dio è femmina

*

per ogni uomo

lontano dalla sua

donna, Dio è maschio

*

per ogni donna

lontana dal suo

uomo, sâmek sostegno.

*

L’amore è nella tua casa

trovo l’unione

un’anima celeste

*

femmina superna

mi benedici

mi completi

*

quando lascerò questo mondo

includerò l’uno e il tutto

nei miei peccati

*

e noi

faccia a faccia

ci incontreremo

*

sposi inconsolabili

terra e cielo

Anne sâmak Peter”

*

L’Antilope

Lo Struzzo, avvolto da tanta protervia, crollò del dissesto morale.

Si proclamò cittadino degli inferi. In simili luoghi non avrebbe potuto udire le parole una vita felice per ottantamila ere cosmiche. Anche la sua mente sarebbe bruciata tra le fiamme di un insostenibile rimorso.

Contro la natura malevola del suo carattere procedette al graduale insabbiamento della testa, lì inumata, nel vasto arioso deserto, per non drenare ulteriori pensieri nocivi. Tetra annunziatrice di penitenza, di reiterata solitudine.

Visto così occultato, sembrava un irremovibile condottiero. Analogo ad un San Giovanni Decollato che aspettasse i messaggeri della morte fra le peggiori torture. Tuttavia severo, quasi draconiano nelle fattezze.

Fra tanta dignitosa immobilità cadde la notte sulle palpebre del corridore, che più non vide.

Ma sopraggiunse una voce. Soffiava alle iridi sedentarie, bramose di luce:

“ Ciò che è coperto marcisce,

ciò che è svelato non marcisce.

Perciò scoprite ciò che è coperto,

affinché esso non marcisca! ” *

Riemerse.

Allorché conseguì inutile la facoltà, pur coraggiosa, di offrire la testa per liberarsi dalle azioni malvagie in quanto era sommamente preferibile, e di certo più opportuno, fare offerta del corpo intero.

Il corridore raccontò all’amica Gru la storia dell’antilope. Storia di un atto devozionale estremo.

   – Hai indagato profondità maestre, disse la coronata. Intercapedini cristalline, altro che inferno! –

   – Ascolta, amica. Hai presente l’antilope speciale? Sai qual è la sua grande paura?

   – Perdere la libertà, immagino. –

   – No… La nostra antilope soffre l’ansia della creatura fragile e indifesa, quale lei stessa è, perché ne conosce il destino. Per natura sensitiva intende il precipizio come fattore remoto; tra atomi stupefatti precede l’urto.

Non fa niente per evitarlo. Sapendo che non avrà lunga vita, vivifica il vuoto offrendosi in dono. –

   – Parli, dunque, di sacrificio. –

   – Non si difende, non scappa, non si protegge dagli animali più forti. Le sorelle, o cugine gazzelle, fuggono istintivamente in presenza d’una bestia feroce che voglia attaccarle per sfamarsi.

Lei no. Si lascia addentare senza opporre resistenza, e tra una lacrima e l’altra assorbe tutto il dolore del mondo. Quei morsi fatali le incidono il corpo, lo trafiggono, strappano la sua tenera carne.

Il sangue miracolosamente diviene vino. Il corpo, ostia.

È il Cristo animale che ravviva le fauci della creatura leonina. Ma sappi: anche il leone non è estraneo al dolore perché a sua volta è cacciato e ucciso dagli uomini.

L’antilope muore altresì per loro.

Muore e rinasce antilope. Muore antilope e rinasce antilope.

In moto perpetuo. –

   – Che tristezza. –

   – Che dono!

Amica coronata, anch’io rinuncio. Per ciò chiedo di essere ucciso.

Sia dato, il mio corpo, in pasto ai pellegrini di passaggio, ai bisognosi.

Sia, il mio obolo di carne, umile dono.

Prenditi la mia vita, cara Gru. Io tornerò.

In moto perpetuo. –

Lo Struzzo venne ucciso secondo preghiera.

____

* da Udana “Versi ispirati”.

   (op. cit., p. 669)

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